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Prendo volentieri spunto da un articolo del dottor William Cole per portare l’attenzione su un problema che negli Stati Uniti riguarda già il 50 per cento della popolazione e, purtroppo, anche in Europa e in Italia sta assumendo proporzioni rilevanti: il pre-diabete (in aggiunta al già noto diabete di tipo 2).

Il fatto che la glicemia – ovvero il livello degli zuccheri nel sangue – diventi sempre più spesso “problematica” è un fenomeno decisamente moderno, dovuto al fatto che il nostro DNA – rimasto praticamente invariato nel corso dei millenni – fatica a gestire il moderno stile di vita pieno di zuccheri, stress e tossine… Ne deriva un altalenarsi di picchi glicemici tutt’altro che normale, dato che i nostri sistemi (ormonale, immunitario, digestivo, etc.) operano idealmente “in una giusta via di mezzo”.

Senza entrare troppo in dettagli clinici, la chiave dei problemi legati alla glicemia è quasi sempre la resistenza all’insulina: il nostro corpo ha bisogno di glucosio (lo zucchero nel sangue) per rifornire le nostre cellule di energia, e l’insulina è l’ormone necessario a far entrare questo glucosio nelle cellule.

Quando si parla di insulino-resistenza, significa che i recettori delle cellule sono offuscati e bloccati a causa di infiammazione o tossine, così insulina e glucosio anziché venire assimilati restano in circolo: il risultato non solo non ci fa sentire bene ma, come è noto, può tramutarsi in diabete, una delle principali cause di ictus, attacchi di cuore, cecità etc.

Fortunatamente ci sono sintomi che possono segnalarci quando qualcosa va storto nella nostra glicemia (in presenza di più di uno, è sempre opportuno parlarne col proprio medico di famiglia):

  1. Bisogno di mangiare dolci, o pane e dolci… tanti!
  2. Mangiare dolci non allevia il desiderio di zucchero.
  3. Irritabilità e nervosismo se si salta un pasto.
  4. Bisogno di caffeina per tirare avanti nella giornata.
  5. Testa leggera o vertigini se si salta un pasto.
  6. Mangiare rende stanchissimi e si sente il bisogno di un pisolino.
  7. È difficile perdere peso.
  8. Ci si sente spesso deboli o traballanti.
  9. Bisogno di fare spesso pipì.
  10. Agitazione, ipersensibilità o nervosismo.
  11. Peggioramento della memoria.
  12. Vista offuscata.
  13. Giro-vita uguale o più largo dei fianchi.
  14. Scarso desiderio sessuale.
  15. Sete costante.

Non occorre rassegnarsi a convivere con i sintomi degli alti e bassi glicemici – oltre ai farmaci, oltre alla dieta e a un rinnovato approccio psicologico, esistono ottimi rimedi e metodi naturali per recuperare il nostro equilibrio, eccone alcuni.

(innanzitutto) Individuare chiaramente il punto di partenza!

Gli esami di laboratorio stabiliscono il livello di glicemia e valutano l’insulino-resistenza – di seguito uno specchietto di riferimento per l’interpretazione (N.B.: come al solito, la parole chiave è dipende, quindi fate sempre ed esclusivamente riferimento al medico di famiglia, che conosce la vostra storia):

  • Insulinemia: valori ottimali: < 3 ulU/mL
  • Peptide C: valori ottimali: da 0.9 a 4 ng/mL
  • Glicemia a digiuno: valori ottimali: da 60/70 a 99 mg/dL
  • Emoglobina glicata (hbA1C): valori ottimali: < 5.9 %
  • Trigliceridi: valori ottimali: <150 mg/dL
  • Colesterolo (HDL): valori ottimali: da 59 a 100 mg/dL

Una volta confermata e valutata la diagnosi, è possibile aiutarsi con i seguenti integratori:

Tè verde.

Un composto del tè verde, l’EGCG (gallato di epigallocatechina, per chi proprio lo volesse sapere…), ha dimostrato un effetto stabilizzante sui livelli di zuccheri nel sangue.

Acido alfa-lipoico.

È un potente anti-ossidante che aumenta la produzione e il riciclo del glutatione (oltre a rafforzare il sistema immunitario, eliminare i metalli tossici e aumentare l’energia di cervello e muscoli).

Magnesio.

Maggiori livelli di magnesio corrispondono a migliore sensibilità all’insulina e minor rischio di patologie metaboliche; inoltre, molti studi internazionali hanno dimostrato che il magnesio migliora trigliceridi e pressione del sangue – altri due denominatori comuni a sindromi metaboliche e diabete.

Cromo.

Quando i livelli di cromo sono bassi, aumenta la resistenza all’insulina e aumentano i trigliceridi: questo oligoelemento non soltanto attiva e favorisce l’assimilazione degli zuccheri ed il metabolismo dei grassi, ma combatte anche l’eccesso di peso. Quali sono le migliori fonti alimentari di cromo? Pesce, crostacei e frutti di mare, carne, uova, cereali integrali, lievito di birra, datteri, funghi e nocciole.

Fattore di trascrizione nucleare eritroide-2 (Nrf2).

La proteina Nrf-2 gioca un ruolo nella regolazione dell’induzione antiossidante dei geni: in parole povere, stimola i geni responsabili dei percorsi antiossidanti e disintossicanti. Molti antiossidanti che troviamo nei cibi aiutano l’Nrf-2 a svolgere il suo lavoro, ad esempio:

  • EGCG (di cui sopra) dal tè verde
  • Quercetina dalle mele
  • Curcumina dalla curcuma
  • Resveratrolo dall’uva
  • Acido rosmarinico dal rosmarino
  • Sulforafano dalle crucifere (cioè broccoli, cavoli e cavolini di Bruxelles)
  • Allicina tiosolfato dall’aglio

Vitamina E.

Il tocoferolo lipo-solubile (meglio noto come Vitamina E) migliora la sensibilità all’insulina e partecipa attivamente alla protezione di tutte le nostre cellule. Dove trovarlo? Prevalentemente negli oli vegetali, nella frutta a guscio e nelle uova – oltre che nel basilico e negli spinaci.

Cannella.

Questa spezia profumatissima contiene un bioflavonoide che può modificare l’attività di segnalazione dell’insulina – ed è nota per ridurre in maniera significativa i livelli di glicemia e trigliceridi nelle persone affette da diabete di tipo 2.

Cura dell’intestino.

La salute dell’intestino e l’equilibrio glicemico sono inestricabilmente connessi: una malattia metabolica ha quasi sempre effetto sul sistema gastrointestinale – e una scarsa salute dell’intestino può rovinare la glicemia, quindi… occhio ai “movimenti del pancino” e altri sintomi quali es. la candida.

Vitamina D.

È stato dimostrato che l’aumento dei valori di Vitamina D, nell’arco di 3 mesi, porta alla riduzione del grasso corporeo – e migliora eventuali sindromi metaboliche – quindi… bagni di sole per tutti! Non dobbiamo per forza andare al mare o in piscina: basta esporre alla luce diretta del sole la parte alta del petto (“lo scollo a V”, per intenderci) 10/15 minuti al giorno – mentre i bambini fino ai 6 anni dovranno esporre le ginocchia (come quando c’erano le vecchie divise scolastiche!).

Grassi buoni.

Una dieta chetogenica — ossia dove i grassi, non gli zuccheri, sono la fonte primaria di energia — è molto indicata per sostenere la salute del cervello, mentre elevati livelli glicemici diminuiscono le funzioni cerebrali nelle aree dove es. colpisce l’Alzheimer (che infatti è chiamato “diabete di tipo 3”)… I grassi buoni garantiscono un lento e costante rilascio d’energia, a differenza degli zuccheri che provocano alti e bassi, pertanto: se vogliamo bene al nostro cervello, prediligiamo i grassi buoni.

Vitamine del gruppo B.

Per un buon livello glicemico occorre  metilazione… cioè?? Lasciamo perdere l’epigenetica, concentriamoci invece su fegato, rape e spinaci, ad alto contenuto di vitamine del gruppo B 😉

n.b.: i farmaci anticoncezionali distruggono proprio questo gruppo di vitamine: doppia attenzione!

PPAR-γ.

Il recettore detto PPAR-γ regola il deposito degli acidi grassi e il metabolismo del glucosio, aiutando a migliorare gli stati infiammatori es. aterosclerosi, asma, colite, sclerosi multipla e altre patologie autoimmuni. Che cosa mangiare per attivarlo? Pesce non di allevamento, (ancora una volta) tè verde, astragalo, zenzero e olivello spinoso.

Omega-3. 

La capacità degli acidi grassi omega-3 di ridurre il rischio di ictus e attacchi di cuore è ben nota. Ma possiedono anche un’altra proprietà interessante, particolarmente valida per il diabete: gli omega-3 (sotto forma di olio di pesce) convertono il colesterolo VLDL – potenzialmente nocivo e legato al diabete – in LDL, meno pericoloso. Le migliori fonti alimentari di omega-3 sono i pesci dei mari freddi, il krill (piccolo crostaceo antartico) e le alghe.

Piante adattogene.

Le cosiddette “adattogene” sono fantastiche per equilibrare ormoni e calmare infiammazioni, con ottimi risultati già dopo 10 giorni di cura, fornendo un valido aiuto in periodi di intenso stress psico-fisico. Attenzione: non sono stimolanti (come es. il caffé o il guaranà) bensì tonificanti dell’organismo; le principali sono: ginseng, ashwaganda (withania, o ginseng indiano), echinacea, eleuterococco (o ginseng siberiano), ginkgo, rodiola N.B.: da non assumere per più di 3 mesi consecutivi.

 

 

2 Comments

  • Loredana Scumaci ha detto:

    Affinché il connubio tra cibo e corpo diventi autentica pienezza, deve passare attraverso la consapevolezza del “come” e non del “perché”. Proviamo a riflettere insieme…..
    Grazie Laura per i tuoi preziosi consigli, aspetto il tuo prossimo articolo!
    Loredana Scumaci

  • Laura Sabbadini ha detto:

    grazie a te Loredana! concordo pienamente: sebbene sia utile capire le logiche di certe dinamiche (e ce n’è tante sempre in attività dentro di noi…) alla fine è nella pratica di tutti i giorni che scegliamo – oppure no – di prenderci cura di noi stessi – e ogni giorno è sempre il momento giusto per incominciare 😉

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