foto: focus.it
Ormai è dimostrato: passare più di due ore al giorno allo schermo di tablets e/o telefoni cellulari danneggia l’integrità strutturale della materia bianca dei bambini in età pre-scolare, con dirette consequenze sull’apprendimento (sviluppo del linguaggio e capacità di leggere e scrivere): i piccoli di età inferiore ai 2 anni non dovrebbero mai essere esposti a tecnologia digitale – e anche quelli più grandicelli rischiano consequenze permanenti per l’uso eccessivo di questi strumenti nell’infanzia e adolescenza…
Nonostante le campagne pubblicitarie sempre più accattivanti, forse è il caso di pensarci due volte prima di regalare a un bambino un cellulare o un tablet: l’American Academy of Pediatrics – a fronte di una serie di studi approfonditi – raccomanda di limitarne l’utilizzo a un’ora quotidiana e “di qualità” (soprattutto per i bambini in età pre-scolare che, a dirla tutta, non dovrebbero proprio guardarli!). Insomma: porre grande attenzione a tempi, contenuti e modi e sempre in co-presenza (cioè senza abbandonare il pargolo tutto solo davanti allo schermo, bensì affiancandolo per commentare insieme quello che viene trasmesso)
Superata l’ora quotidiana, potrebbero esserci effetti permanenti sulla salute dei bambini, limitando le capacità cognitive e di apprendimento e facilitando lo sviluppo di ADHD (attention-deficit hyperactivity disorder), danneggiando la vista ed esponendoli a campi eletromagnetici, radiazioni wi-fi etc.; inoltre, va da sé che la maggior parte del tempo passato davanti a uno schermo sia “da seduti”, quindi sottratto all’esercizio fisico – tanto che negli Stati Uniti e in Canada già si parla di prolongued sitting time syndrome…!
In alcune scuole e istituti superiori si sta iniziando a proibire l’utilizzo di tecnologia digitale durante le lezioni – incoraggiando le famiglie a riprendere il controllo dell’educazione, stabilendo momenti dove è ok guardare un film/telefilm etc. e momenti come ad es. i pasti, le attività all’aperto etc. dove l’obiettivo deve tornare ad essere il dialogo e la condivisione – quella vera però, non quella dei like
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