Navigando in Internet o leggendo articoli di salute e benessere, incontriamo sempre più spesso il termine burnout, solitamente accompagnato da una definizione tipo “la sindrome da burnout (o più semplicemente burnout) è l’esito patologico di un processo stressogeno […]” etc. etc. Vorrei cercare di tradurre il tutto in un linguaggio più semplice e – soprattutto – di calarlo nel quotidiano.
“Burnout” è un termine inglese che significa “bruciato” e, purtroppo, c’è un buon motivo per cui si usa proprio quest’espressione: a livello cellulare, il nostro corpo sta andando letteralmente a fuoco!
Ovviamente non si tratta di un processo che si scatena dall’oggi al domani: è una malattia cronica in risposta diretta alla cultura del “sempre presente”, 24 ore su 24, 7 giorni su 7… gli standard moderni, uniti al clima di incertezza economica e sociale dilagante, hanno effetti davvero disastrosi sul piano fisiologico (vedi anche il post “È solo stanchezza o… sono i surreni ad essere esausti??”)
Nel corpo, qualsiasi tipo di stress porta sempre a un solo risultato: infiammazione – quel “fuoco” nelle nostre cellule… L’infiammazione è la risposta del nostro sistema immunitario a qualsiasi tipo di tossina o di “danno” (proviamo a pensare a quando ci si taglia: per prima cosa la pelle si gonfia e diventa rossa, poi lentamente si forma una crosta, poi finalmente cicatrizza).
Quando “siamo fusi” e perdiamo il controllo della nostra vita, attiviamo geni che provocano infiammazione cronica, che è la causa principale della più grande epidemia globale del nostro tempo: quella delle malattie stress-correlate (obesità, diabete, disturbi cardiaci, tumori, ansia, depressione etc. etc.).
Nonostante la massima diffusione dei social media, solitudine e isolamento sociale sono in continuo aumento, tanto che una persona su quattro lamenta di non avere nessuno con cui parlare dei suoi problemi… pazzesco! Non è questa la sede giusta per affrontare analisi sistemiche, politiche o sociologiche – però, se vogliamo, tutti possiamo fare qualche cosa per iniziare a prenderci cura di noi stessi: il percorso che porta all’infiammazione e alla malattia cronica, infatti, non è a senso unico e possiamo imparare a reagire e a sviluppare maggior resistenza e migliore adattabilità.
L’epigenetica ci insegna che l’ambiente che ci circonda influenza moltissimo il comportamento dei nostri geni (“oltre, al di là”, appunto, della genetica): il nostro stile di vita (ciò che mangiamo, come ci muoviamo, quanto dormiamo e come ci relazioniamo con gli altri) è un potente influenzatore del nostro DNA che, se è vero che non cambia, può però esprimersi in maniera dinamica e malleabile, quindi… questi sono i miei buoni propositi per l’anno nuovo 😊
- Adotta una nuova abitudine – una di quelle “di base” – e mantienila. Per abitudine di base, intendo un nuovo comportamento costante che, a sua volta, porti ripercussioni positive (ad esempio, fare esercizio fisico tutte le mattine, smettere di bere o di fumare, prestare regolarmente attenzione alla dieta, etc.).
- Circondati di persone in sintonia con il “nuovo te”. Tener fede alle nuove abitudini è più facile, divertente e funziona meglio se non lo si fa da soli – la vita diventa anche più gradevole!
- Nei momenti di crisi (sì, ci saranno: tutti li hanno!), sii buono con te stesso. La quotidianità andrà ad interferire con le nuove abitudini – è inevitabile, quindi fattene una ragione. Ricordati, però, che è molto più motivante essere il tuo miglior amico, anziché il tuo peggior nemico…
…provare per credere 😉
Un Felice Anno Nuovo a tutti!!