Siamo ossessionati dall’equilibrio tra vita e lavoro: esistono un’infinità di ricerche, corsi, articoli e libri di auto-aiuto per farci trovare una “giusta misura”, ripristinare dei confini eticamente e professionalmente corretti tra lavoro e vita privata…
In realtà, la nostra educazione può avere un’influenza duratura sulle nostre decisioni di lavoro e di carriera – e ciò che inconsciamente impariamo dai nostri genitori svolge un ruolo importante anche nel plasmare il modo in cui pensiamo e gestiamo l’equilibrio lavoro-vita: questi comportamenti diventano profondamente radicati, parte di routine quotidiane, e così sono dati semplicemente per scontati.
– continuazione del modello genitoriale
Ad esempio, coloro (soprattutto gli uomini) che sono cresciuti in famiglie dove il padre era il capofamiglia e l’unico portatore di reddito, lavorava sempre molto, fino a tardi etc. finiscono spesso, volontariamente o no, con l’interiorizzare questa etica del lavoro: avendo visto il loro genitore lavorare sodo per tutta la loro infanzia e adolescenza, questi professionisti oggi sono inclini a considerare il duro lavoro come normale.
Riescono a razionalizzare anche il lavoro “compulsivo” che magari ha conseguenze negative per la loro vita familiare, sociale etc. Anche quando vorrebbero agire in modo diverso, questa predisposizione continua a condizionare le loro azioni: infatti, la loro educazione li porta a percepire questo modello come l’unico che possa funzionare, rendendo così difficile immaginare alternative…
– interruzione del modello genitoriale
In alcuni casi, invece, si rifiuta drasticamente l’approccio vita-lavoro dei genitori: solitamente si tratta di una scelta intenzionale, ma in alcuni casi si finisce col distanziarsi dal modello dei genitori nonostante un desiderio di continuità.
Tipicamente, si inizia a mettere in discussione il modello acquisito dopo aver riflettuto su fallimenti e/o rimpianti oppure dopo eventi traumatici, come quando qualcuno vicino a noi muore o si ammala: allora decidiamo di introdurre dei cambiamenti di vita significativi, come smettere di lavorare nei fine settimana, optare per il part-time o persino lasciare un posto fisso per un ambiente maggiormente “a propria dimensione” (flessibilità di orario, libertà decisionale etc.).
Vale la pena considerare anche altre due casistiche: le donne che vogliono distanziarsi da madri eccessivamente orientate alla carriera e quelle che vogliono distanziarsi dalle madri pentite di essere rimaste a casa…
In sintesi, gli ostacoli a un miglior equilibrio tra vita e lavoro (e alla nostra soddisfazione in generale!) si trovano non solo all’interno delle aziende e della società moderna ma anche nello stesso individuo, in base ai modelli appresi.
Questo ci dovrebbe far riflettere sul gap che spesso esiste tra ambizioni coscienti legate alla carriera e le nostre attitudini e aspettative inconsce: se vogliamo raggiungere il nostro pieno potenziale, dobbiamo essere consapevoli di come chi siamo oggi sia stato plasmato dalle nostre prime esperienze… fortunatamente possiamo sempre scegliere una nuova via 😉